Un uomo felice

This post is also available in: frFrançais

Un giorno d’estate del 2008, mentre ero intento ad uno slalom ipertestuale tra le notizie dei giornali, la mia attenzione fu attratta dal titolo L’uomo più felice del mondo. Pur non amando l’enfasi giornalistica ed i titoli ad effetto (per usare un eufemismo), decisi che valeva la pena di dare un’occhiata.

Si parlava di un singolare esperimento, condotto dal neuroscienziato Richard Davidson all’Università del Wisconsin.

L’illustre ricercatore aveva in precedenza cercato di individuare i processi cerebrali che corrispondono agli stati di benessere; impresa non facile, data la difficoltà di definire e, soprattutto, di generare in laboratorio i suddetti stati. Al termine di una serie di esperimenti, scoprì che coloro che si dichiaravano – e si dimostravano – pieni di gioia presentavano uno specifico tipo di attività nella corteccia prefrontale.

Basandosi su questo risultato, Davidson sottopose alla misurazione di quest’attività dei monaci buddhisti che avevano una lunga esperienza nell’esercizio della meditazione. I risultati mostrarono dei valori alti nell’”indicatore della felicità”, ed in alcuni casi dei valori molto alti. Ci fu però uno dei soggetti che fornì un risultato straordinario, molto al di fuori dell’intervallo dei valori ottenuto fino a quel momento: si tratta, appunto, di colui che ha ricevuto (dai giornalisti, non da Davidson!) la grossolana etichetta di “uomo più felice del mondo”. Chi è costui?

Sorprendentemente, non si tratta di un buddhista orientale ma di un francese, la cui storia mi è sembrata meritevole della massima attenzione.

Il suo nome è Matthieu Ricard. Suo padre, conosciuto con lo pseudonimo di Jean-François Revel, era un intellettuale d’alto rango, filosofo, giornalista e politico, entrato poi nell’Académie Française. Matthieu, cresciuto in un ambiente assai favorevole alla formazione di una vasta cultura, era un ragazzo d’ingegno. La sua casa era frequentata da personaggi come Luis Buñuel, Igor Stravinski e Henry Cartier-Bresson. Prese il dottorato in biologia molecolare al Pasteur Institute, allievo di François Jacob.

Il giovane Matthieu entrò in contatto con il Buddhismo attraverso i documentari di Arnaud Desjardins, ed il suo interesse lo portò ad intraprendere il percorso della meditazione, a visitare luoghi ed esponenti del Buddhismo e quindi a diventare monaco e stabilirsi in Nepal nel monastero di Shechen.

Con ogni evidenza, in Francia aveva davanti a sé una vita di scienziato, ricca di possibilità e soddisfazioni. Oggi quest’uomo, oltre a sorprendere i ricercatori, si dichiara felice della scelta di andare a vivere da monaco in Nepal. Ho pensato che fosse opportuno un approfondimento, ed ho ordinato e letto senza indugio due dei suoi libri: Plaidoyer pour le bonheur (Arringa per la felicità) e L’infini dans la paume de la main (L’infinito nel palmo della mano, traduzione del famoso verso di William Blake «Hold infinity in the palm of your hand»: un dialogo con un astrofisico su Buddhismo e scienza).

Prima di parlarvi di quello che ho trovato in queste letture, vorrei anticipare un piccolo esperimento che ho fatto in un secondo momento. Sapevo che Ricard aveva scritto, da biologo e prima di diventare monaco, un saggio sulle migrazioni degli animali (Les migrations animales). Poiché l’argomento desta in me un certo sospetto, dovuto all’impostazione assai poco scientifica con la quale l’argomento viene a volte trattato, facendo appello a misteriosi “poteri” degli animali, me ne sono procurato una copia (di seconda mano, trattandosi di un’edizione degli anni sessanta) per verificare la serietà dell’approccio, che ne è uscita completamente confermata. Ricard possedeva una vera formazione scientifica di alto livello, ed a partire da questa intraprese il percorso buddhista. Poiché so bene che il mondo delle filosofie orientali è pieno di pseudosapienti, che si dividono tra i truffatori a caccia di polli che cedano senza opporre resistenza le loro penne e maestri che pontificano pur essendo ben lontani dall’avere i requisiti intellettuali e culturali minimi per insegnare qualcosa, ho cercato di accertarmi, prima di dedicargli tempo ed attenzione, che Matthieu non facesse parte di questo numero.

E con questo, non desiderando abusare catilinescamente della vostra pazienza, per oggi mi fermo rinviando il seguito alla prossima puntata. Ma non fatevi illusioni: ce ne saranno molte!

(segue in Un uomo felice – 2)

4 comments

  1. franco cavarretta

    mi collego a quanto dice Ruggero Forniti sulle aperture della fisica quantistica
    al mondo della mente solo per segnalare a chi fosse interessato i testi di Roger
    Penrose "la mente nuova dell'imperatore" e "Shadows of the Mind".
    Questo autore – uno tra i più brillanti cervelli matematici del nostro tempo – non
    gode però di un largo seguito tra neuroscienziati e studiosi di scienze  cognitive.
    Del resto quando si legge  delle teorie della mente ci si muove sempre in spazi
     molto rararefatti, si vorrebbero posare i piedi per terra ma oggi, ahimè, ancora 
    non si può.
    Ma Shadows ha comunque un grande pregio: una critica davvero ben fatta
    alle teorie del cervello come macchina computazionale. Certo, è un po'
    pesantuccio…………..

  2. Ruggero Forniti

    Ciao a tutti.
    Confermo quanto detto da Giorgio: al S.Lucia ci lavora mia cugina e ci è stato ricoverato mio fratello dopo un intervento alla colonna vertebrale. Tutte le strutture (piscina, macchinari, palestre, etc.) sono sottoimpiegate perché manca il personale adibito alla riabilitazione. E qui mi fermo per non innescare discussioni che esulano dal proposito di questo blog. Mi limito a considerare che, anche qualora i fondi fossero sufficienti alla prosperità delle strutture di ricerca neuromotoria, il settore medico è molto conservatore e dubito che si cimenterebbe a considerare teorie così innovative.
    Ritornando all'argomento principe di confronto, dopo la testimonianza dell'approccio "biologico" di Ricard, vorrei ricordare come anche la fisica quantistica sia possibilista su fenomeni apparentemente inconcepibili. D'altronde se tutto l'Universo è fatto di energia a vari livelli, come possiamo escludere di essere collegati in un unico tutto, imperscrutabile se guardiamo con i nostri soli occhi?

  3. giorgio rivarosso

    Davvero stupefacente quello che puo' fare la meditazione. A pensarci bene però non c'è da rimanere troppo sorpresi: è noto che la meditazione puo' indurre profonde modificazioni del nostro assetto neurovegetativo (si pensi solo al rallentamento dei battiti cardiaci, che sembrano quasi cessare) FrancoC credo
    che al Santa Lucia stiano tagliando tutti i fondi!
    Comunque penso che sì, questo tipo di ricerche rappresentino una sfida 
    affascinante che va raccolta. Qui stiamo davvero alle frontiere della scienza.
    Mi correggo: alle frontiere della Conoscenza.

  4. Davvero incredibile! Mi domando se alla Fondazione Santa Lucia di Roma, che credo sia attiva nel settore delle neuroscienze sperimentali, possano essere interessati a questo tipo di ricerche. Ma forse già le fanno…..

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

AlphaOmega Captcha Classica  –  Enter Security Code