Anātman

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La struttura canonica di un blog prevede una pagina di informazioni sull'autore. Si chiama “Chi sono”, “About”, “Biografia”, “Informazioni personali” o cose simili.

 

In realtà questa pagina, che dovrebbe contenere dati utili al lettore per inquadrare il senso di ciò che legge, viene assai spesso utilizzata come vetrina per esaltare l'ego dell'autore, elencando titoli, meriti, appartenenza a club esclusivi e mirabolanti imprese di diversa natura.

 

I titoli…

 

Niccolò Machiavelli ha lasciato scritto: “Non i titoli illustrano gli uomini, ma gli uomini i titoli “. Mi permetto, si parva licet, di sottoscrivere.

 

Tempo fa mi accadde di imbattermi in un'amica che avevo perso di vista, e le chiesi di raccontarmi le sue ultime vicende. Mi arrivò un'email che sembrava un curriculum! Un paginone fitto di qualifiche, promozioni, riconoscimenti, encomi ed altre simili cose. Alla fine dell'agghiacciante elencazione c'era una riga che diceva: “Mi ha fatto piacere risentirti”. Sembrava un corpo estraneo, stupito di essere stato buttato lì in fondo al copia e incolla del “guardate come sono brava”, certo conservato in un'apposita cartella per essere rifilato al primo malcapitato corrispondente. Costei mi avrebbe “risentito”? Mah!

 

Mi viene alla mente, a proposito di titoli, un fatto simpatico che avvenne nei dorati e rampantissimi anni ottanta.

 

Un signore, che mi era accaduto di avere come utente di un progetto informatico e che come tale partecipò ad alcuni incontri di analisi, andò in pensione. Un giorno lo incontrai, e mi diede un biglietto da visita. Uno spettacolo stupefacente! Conteneva una riga di nome e cognome e cinque o sei piene zeppe dei titoli più fantasiosi. Il portentoso multiprofessionista ebbe il pudore di dirmi “Veramente uno dei titoli è un po' forzato…” . Affermava infatti: “analista edp”. Il sullodato era tanto analista edp quanto, per aver descritto un mal di pancia al mio medico, sono medico anch'io.

 

Mancava opportunamente, nell'incontinente biglietto, la dicitura “psicologo, specialista in senso del ridicolo”.

 

Questo blog non è una vetrina ma vorrebbe essere un dialogo, raccontare fatti e riflessioni che possano interessare a chi legge ed ascoltare con attenzione chi gradisce intervenire.

 

Qualche informazione sull'autore fa ovviamente parte del dialogo, ed infatti ne troverete nel contesto che ne richiede la presenza. Ci si può raccontare senza abusare del pronome “io”.

 

Ho chiamato questa pagina “Anātman”. È il termine che il Buddhismo usa per indicare la mancanza di sostanzialità dell'io che la meditazione rivela. Il povero ego viene quotidianamente smontato dai neuroscienziati, dopo aver subito i colpi di piccone dell'arte, della psicologia e della filosofia. In lontani luoghi del globo, qualcuno si era accorto della natura ingannevole del pronome ai tempi di Socrate.

 

Il discorso è lungo e difficile, come molti dei discorsi che valgono qualcosa. Non che l'io non esista, come affrettatamente concludono alcuni (e concludere non è mai saggio!). Diciamo che non è quello che sembra. Non mantiene le promesse che fa, come talora avviene che facciano le vetrine dei negozi e quelle dei blog…